
IL RISARCIMENTO DANNI DA INFILTRAZIONI RIENTRA NELL’ AMBITO DI APPLICAZIONE DELL’ART. 2051 DEL CODICE CIVILE
In linea generale, il principio che si applica quando si parla di responsabilità civile per i danni provocati dalle infiltrazioni è quello della responsabilità extracontrattuale di natura oggettiva ex art. 2051 c.c. Secondo tale disposizione, “ciascuno è responsabile delle cose che ha le cose in custodia, salvo che provi il caso fortuito”.
Teoricamente una volta individuata l’origine del danno dovrebbe essere facile individuare chi ne risponde sotto il profilo giuridico e quindi il responsabile, ma in ambito condominiale e di locazioni dove il problema delle infiltrazioni è molto frequente, la questione può essere controversa e risalire ai profili di responsabilità non è così semplice.
In questi casi, dove si sono susseguite diverse sentenze di merito e di legittimità, occorre individuare con precisione l’origine e la tipologia di danno per stabilire la responsabilità del custode.
INFILTRAZIONI D’ACQUA E RESPONSABILITÀ DEL CONDOMINIO
Il condominio in quanto custode risponde dei danni causati dalle infiltrazioni all’appartamento sito nello stabile se viene accertato che queste provengono da un bene o da una tubatura condominiale. In tale ipotesi, il Condominio dovrà ripristinare lo stato dei luoghi e risarcire i danni causati all’appartamento.
In caso contrario la responsabilità è del proprietario dell’appartamento, poichè in quanto custode dei suoi beni è responsabile dei danni causati dalle infiltrazioni provenienti da beni di sua esclusiva proprietà.
In entrambe le ipotesi, il responsabile in quanto custode verrà esonerato da ogni addebito se proverà il caso fortuito che potrà essere rappresentato dal fatto dello stesso danneggiato ( Cassazione Civile sezione III Sentenza 4 – 29 novembre 2011, n. 25239.
CASISTICA IN AMBITO CONDOMINIALE
RESPONSABILITÀ PER I DANNI CAUSATI DALLE INFILTRAZIONI PROVENIENTI DAL LASTRICATO SOLARE
Le Sezioni Unite Della Cassazione civile che con sentenza nr.9449 del 2016 oltre ad inquadrare la fattispecie di azione, intervengono sul tema del riparto di responsabilità per i danni provocati dalle infiltrazioni provenienti dal lastricato solare, affermando: “la responsabilità per danni da infiltrazioni prodotte dal lastricato solare o dal terrazzo di proprietà o di uso esclusivo va attratta nell’ambito di operatività dell’art. 2051.” Questo significa che il proprietario del diritto di superficie del lastricato solare o comunque il proprietario del lastrico solare risponde dei danni in quanto è considerato custode ai sensi dell’art. 2051 c.c.. Tuttavia la sua responsabilità non è esclusiva, in quanto come stabilisce la stessa Cassazione “è configurabile la responsabilità concorrente del condominio qualora l’amministratore abbia omesso di attivare gli obblighi conservativi delle cose comuni gravanti su di lui ai sensi dell’art. 11130 1 co nr. 4 del c.c. o nel caso in cui l’assemblea di condominio non adotti le determinazioni di sua competenza in materia di opere di manutenzione straordinaria ai sensi dell’art.1135 1 comma nr.4”.
Ed ancora: “il concorso di responsabilità, salva la rigorosa prova contraria della riferibilità del danno all’uno o all’altro va di regola stabilito secondo il criterio di imputazione di cui all’articolo 1126 del Codice Civile rubricato lastrici solari di uso esclusivo. Tale norma recita testualmente:” quando l’uso dei lastrici solari o di una parte di essi non è comune a tutti i condomini quelli che ne hanno l’uso esclusivo sono tenuti a contribuire per un terzo nella spesa delle riparazioni e ricostruzioni del lastrico: gli altri due terzi sono a carico di tutti i condomini dell’edificio o della parte di questo a cui lastricato solare serve in proporzione del valore del piano e della porzione di piano di ciascuno”. Questo perché il lastricato solare anche se attribuito in uso esclusivo ad uno dei condomini ovvero in proprietà esclusiva dello stesso svolge comunque la funzione di copertura del fabbricato. In tale funzione si rinviene la ratio nella ripartizione delle spese dell’articolo 1126 del Codice Civile. Ne consegue che anche i danni cagionati dalla mancata manutenzione del lastrico o del manto che protegge l’ultimo piano dell’edificio non possono essere messi interamente a carico del proprietario o di chi usa il lastricato solare ma devono essere risarciti col concorso del condominio nella proporzione prevista dalla disposizione innanzi espressa.
RISARCIMENTO DANNI DA INFILTRAZIONI DERIVANTE DA APPARTAMENTO SOVRASTANTE A CASA DI PROPRIETÀ
Sempre sul tema, risulta interessante quanto stabilito dalla Cassazione Civile con sentenza nr.12920 del 2015 pubblicata in data 23/06/2015.
Il caso riguarda i danni ad una casa di proprietà derivanti dalle infiltrazioni provenienti dall’appartamento sovrastante. In tale ipotesi era stato accertato che oltre ai danni arrecati dalle infiltrazioni provenienti da detto appartartamento esistevano altre macchie di umidità su una delle pareti del salone la cui esistenza non era legata da alcun nesso di interdipendenza con le infiltrazioni accertate. La Cassazione chiarisce che in tale ipotesi, il proprietario dell’immobile “essendo state danneggiate talune parti che, per esigenze di uniformità, richiedano un più esteso intervento ripristinatorio delle condizioni di normale abitabilità del bene rispetto ai singoli punti danneggiati, ha diritto di conseguire il rimborso dell’intera somma occorrente per tale lavoro, trattandosi di esborso necessario per la totale eliminazione delle conseguenze pregiudizievoli dell’illecito che non può essere addossato al danneggiato stesso”. In sintesi, il ristoro del danno deve essere integrale e deve comprendere la ristrutturazione di tutte le stanze e non solo di alcune, non essendo idoneo ad eliminare il danno da infiltrazioni un intervento che non preveda un rifacimento integrale.
RISARCIMENTO DANNI DA INFILTRAZIONI DI ACQUA. INDIVIDUAZIONE DEI DANNI RISARCIBILI E PARAMETRO PER DETERMINARNE L’AMMONTARE
Nel caso di specie, oltre alla difficoltà di individuare il responsabile dei danni occorre considerare un altro problema rappresentato dalla quantificazione dell’ammontare del risarcimento.
Sul punto, è interessante il criterio di quantificazione utilizzato dal Tribunale di Milano (sentenza nr. 4874/2017) per stabilire l’ammontare del risarcimento danni da infiltrazioni provocati ad una autorimessa di proprietà di due coniugi, posta al piano interrato dello stabile condominiale e provenienti dal sovrastante giardino pensile.
Acclarata la responsabilità del condominio ai sensi dell’art. 2051 c.c. per i danni da infiltrazioni causati da problemi manutentivi e costruttivi dello stesso, il Giudicante ne stabilisce il risarcimento, comprendendo oltre ai costi necessari per la realizzazione delle opere di ripristino dell’autorimessa anche il danno figurativo lamentato dagli attori corrispondente ai canoni di locazione che avrebbero potuto percepire dal bene immobile non locato a causa delle infiltrazioni. Per stabilire il risarcimento il Tribunale fa quindi riferimento al valore locativo del bene facendo riferimento ai prezzi correnti sul mercato per un bene di analoga grandezza e valore.
Sul danno da infiltrazioni derivante dal mancato godimento del bene immobile, la valutazione del Giudice, secondo la Cassazione civile sentenza nr.10870 del 25/05/2016, può essere effettuata anche ricorrendo a criteri presuntivi. “omissis…….Reputa il Collegio che appaia sicuramente condivisibile l’orientamento maggioritario della Corte, del quale dà sostanzialmente atto anche la sentenza impugnata, per il quale il pregiudizio da mancato godimento di un immobile, analogamente a quello derivante dall’occupazione abusiva, per il quale, ancorchè non voglia addivenirsi alla conclusione secondo cui trattasi di danno in re ipsa (in tal senso (Cass., 16 aprile 2013, n. 9137, m. 626051), in ogni caso trattasi di danno la cui valutazione è in definitiva rimessa al giudice del merito, che può al riguardo avvalersi di presunzioni gravi, precise e concordanti (Cass., 11 gennaio 2005, n. 378). Peraltro, anche i fautori della tesi del danno “in re ipsa” subito dal proprietario, sul presupposto dell’utilità normalmente conseguibile nell’esercizio delle facoltà di godimento e di disponibilità del bene insite nel diritto dominicale, costituisce oggetto di una presunzione iuris tantum”, riconoscono che la presunzione “non può operare ove risulti positivamente accertato che il dominus si sia intenzionalmente disinteressato dell’immobile ed abbia omesso di esercitare su di esso ogni forma di utilizzazione” (Cass. 7 agosto 2012, n. 14222).
Tali considerazioni hanno trovato adeguata esplicitazione in Cassazione civile 1/10/2015 n. 19655, nonchè in Cass. 15 ottobre 2015 n. 20823 ed appare al Collegio necessario dare continuità a tale orientamento, di guisa che, rapportando i principi su esposti al caso in esame, non può che ravvisarsi la carenza motivazionale del provvedimento impugnato, nonchè la sua contraddittorietà.
Ed, invero, non è contestato che la condizione del bene, conseguenza delle infiltrazioni lamentate in citazione, abbia nei fatti impedito il godimento, anche mediato dell’immobile, impedendo agli attori di poterlo utilmente locare. Inoltre, non risulta che i titolari del bene si siano disinteressati dell’utilizzo del medesimo, con la conseguenza che il pregiudizio andava risarcito anche mediante il ricorso ad elementi di ordine presuntivo, tra i quali, difformemente da quanto sostenuto dai giudici di appello, potevano porsi anche quelli direttamente ricavabili dalla CTU espletata che, in ragione della descrizione effettuata da parte dell’ausiliare d’ufficio, poteva agevolmente permettere di individuare la tipologia e le caratteristiche funzionali e dimensionali del bene, sulla scorta delle quali poter poi procedere al calcolo, eventualmente a sua volta presuntivo, come riconosciuto anche dalla Corte distrettuale, del valore locativo”.
